La bizzarra posizione del Garante Privacy sulla validità del consenso rilasciato dai genitori per conto del figlio minore.

Il Garante Privacy, con il nobile intento di salvare i minori dai mali del mondo, annuncia di volersi sostituire alle famiglie, privandole della responsabilità genitoriale e sottraendo alcuni trattamenti alla libera e consapevole volontà dei genitori.
Tranquilli, ci penserà il Garante, lui si che sa cosa è giusto per i nostri figli.
Come dice spesso un caro amico idraulico: "dobbiamo essere grati, è un mondo meraviglioso". In effetti anche Proust ci suggerisce una chiave di lettura simile: "Dobbiamo essere grati alle persone che ci rendono felici. Sono i premurosi giardinieri che fanno fiorire la nostra anima." Sarà, ma, leggendo il provvedimento del Garante, mi monta una carogna gigantesca che fatico a controllare.
Mi riferisco alla recente sanzione inflitta ad un asilo per alcune violazioni al GDPR. Nulla da dire in proposito, l'istruttoria ha evidenziato trattamenti illeciti e nessuno avrebbe potuto salvare questi signori dalla loro stessa inadeguatezza, ma, nell'ambito di questa decisione, il Garante si lascia andare ad una serie di considerazioni ipotetiche che giudico preoccupanti: l'impressione è di leggere una dichiarazione di intenti, un piano programmatico messo li, quasi per caso, perfettamente inutile rispetto al provvedimento, ma nel posto giusto per porre le basi per un futuro distopico.
Il Garante ci dice come interpreta il GDPR in relazione al trattamento dell'immagine dei minori e lo fa spogliando le famiglie del loro fondamentale ed esclusivo compito: esercitare la capacità genitoriale.
Sia il provvedimento che questa bizzarra opinione sono circostanziate al caso specifico che, tuttavia, presenta tratti generali ampiamente riscontrabili nella quotidianità di una miriade di aziende ed enti.
Lo scenario tratteggiato dal Garante è molto pericoloso e, se applicato con rigore, metterebbe in discussione attività ordinarie e consolidate: nel mondo dell'arte, del cinema, della pubblicità, della moda, ma anche della ricerca scientifica, della medicina, della formazione professionale, nei social network... e in tutti gli ambiti in cui un genitore è chiamato a decidere se autorizzare o meno l'uso dell'immagine dei propri figli.
Stiamo per assistere au una rivoluzione copernicana? I genitori non sono più al centro delle scelte relative ai propri figli e devono umilmente allinearsi al volere del Garante Privacy che, indistintamente, senza considerare alcun livello di complessità, facendo di tutta l'erba un fascio, annuncia come intende regolare l'uso delle immagini dei minori, un po' come se fossero figli suoi, vergando nelle tavole della legge (il GDPR) un ennesimo comandamento: "la tua volontà con conta un cazzo, qui decido io".
Ecco cosa scrive il Garante:

Il garante cita un passaggio del GDPR, il considerando 38, ma lo fa con qualche impercettibile modifica al testo originale e alcune leggere omissioni, quanto basta per far dire al GDPR ciò che nessuno ha mai pensato di fargli dire.
Io sono l'ultima ruota del carro, ma leggendo la norma capisco una cosa ben precisa e molto distante dall'idea del Garante: i minori meritano una specifica protezione, certamente... poiché I MINORI possono essere meno consapevoli dei rischi e delle conseguenze di alcune LORO scelte. Non i genitori... i minori.
I genitori, in quanto adulti, dopo il compimento del diciottesimo anno d'età, sono consapevoli per definizione e, quindi, in grado di operare scelte per se e per la prole! Questo è il presupposto che giustifica, peraltro, la rigidità nel voler "proteggere" i minori da contenuti per adulti, introducendo sistemi di verifica dell'età per accedere ai siti web vietati ai minori, vale a dire a persone che non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età e che, per questo solo fatto, sono considerate fragili poiché non consapevoli dei rischi che corrono.
Se questo presupposto venisse messo in discussione, se non bastasse avere la maggiore età per esprimere scelte valide, oltre ad avere un evidente problema di coerenza, dovremmo anche istituire un esame di genitorialità per poter autorizzare la procreazione. No, non funziona così, almeno per ora.
Esiste la famiglia, all'interno della quale si colloca naturalmente la responsabilità genitoriale. Un tempo si parlava pomposamente di patria potestà, ma del resto in antichità esisteva persino lo Ius vitae ac necis. Non penso lo si debba rimpiangere... almeno per ora.
La prole dei mammiferi, generalmente, resta molto attaccata alla sua famiglia, viene difesa dai genitori, impara come cavarsela, come fare le scelte giuste e, quando è pronta, lascia la tana e si perde per il mondo. Oltre alla famiglia, esistono tanti altri soggetti che concorrono all'autodeterminazione dei cuccioli di uomo, ma nessuno si è mai permesso di sostituirsi ai genitori (se non in casi particolari e solo dopo una decisione emessa da tribunali specializzati).
Si può discutere all'infinito di tutte le possibili variabili legate alla famiglia ma, in nessun caso, è mai stato ipotizzato di invitare i membri del collegio del Garante Privacy attorno al focolare per decidere a quale scuola iscrivere i pargoli, se e quando dare loro uno smartphone, se autorizzare la partecipazione alla gita di classe a Frittole, se autorizzare l'installazione di una app o l'apertura di un account su instagram.
...almeno per ora!
Ma le cose cambiano rapidamente e il Garante ci dice che il consenso delle famiglie non è sufficiente per legittimare un trattamento relativo all'immagine di un minore.
Questo pensiero, che non è più solo un pensiero, scardina tutto il sistema, demolisce l'accountability, calpesta principi del diritto che regolano la responsabilità genitoriale, offende tutti i genitori del globo terracqueo, incasina ogni cosa... Un elefante ubriaco in una cristalleria.
Ma io boh!
La carogna mi monta ancor di più se penso che, qualche anno fa, ho autorizzato uno studio pediatrico a scattare delle foto alle mie figlie proprio per quella finalità che il Garante indica come incompatibile con il consenso dei genitori: "promuovere l'attività del titolare del trattamento"... non mi sono sentito in difetto allora, non mi sento in difetto oggi, ma mi sento profondamente offeso da una boutade moralizzatrice che, in modo molto qualunquista, giudica tutti, me compreso.
In questi casi, quando la delusione rischia di guastare il buonumore, l'unica cosa da fare è mettere su della buona musica ... per sciacquare via ciò che non conta e per tornare a riflettere sulla bellezza della vita, sulla libertà e sull'immensa varietà dentro la la quale nuotiamo tutti.
...

Ooops!
CB