Quale potrebbe essere il problema di mostrare i "like" che la gente ha messo... se sono già pubblici?

Il problema c'è, abbastanza chiaro per chiunque si occupi di protezione dei dati personali, ma pare che oltre oceano siano troppo miopi o troppo stupidi per accorgersene.
Si può serenamente dire che di problemi sono diversi e sono tutti figli della stessa madre: non avere intenzione di rispettare le persone.
Andiamo con ordine, il primo cazzaro della privacy è stato Elon Musk: da un giorno all'altro ha pensato di rendere NON VISIBILI i like, o meglio, di rendere visibile solo il numero dei like accumulati da un certo post ma di occultare alla vista degli utenti chi abbia messo quei like. Oggi, chi ha scritto un post vede chi lo hanno apprezzato, ma solo lui può farlo, lui e tutte le altre persone che pagano a sufficienza X per accedere ai dati, alle API e agli strumenti di analisi. Perchè un DPO si scandalizza di questo? Solo per la leggerezza con la quale è stato introdotto questo cambiamento, la stessa leggerezza con la quale potrebbe essere nuovamente resa pubblicamente visibile la paternità dei singoli like. Per gli utenti, sapere che un link è occultato fa una grande differenza: indice l'utente a sentirsi libero di mettere like senza, per questo, essere giudicato o additato. Basta immaginare un personaggio politicamente esposto, militante di un partito dichiaratamente omofobo, che privatamente non condivide questa idea e che mette cuori e like a post di segno opposto scritti da paladini lgbtq+ da lui stimati. Sarebbe giudicato un comportamento contrario alle direttive del partito: nessuno metterebbe quei like se sapesse che sono destinati a diventare visibili a tutti. Ho parlato diffusamente di questo scenario nell'articolo "Cuora responsabilmente". Mi rendo conto che in questo caso le preoccupazioni siano solo eventuali e orientate al futuro. Purtroppo è il passato stesso a suggerirci di essere previdenti e lungimiranti.
Il secondo cazzaro della privacy, ma solo in ordine cronologico, è Mark Zuckerberg. Non bisogna aspettare per vedere il problema: è già qui. Leggo oggi su Wired un bell'articolo di Lucia Tedesco in cui si racconta la diabolica novità che riguarda Instagram: la possibilità di vedere quali like ha messo un proprio contatto, tutti i like che ha messo, raggruppati a modino e aggregati in una comoda schermata.
Per verificare con mano ho chiesto una consulenza urgente a mia figlia, profonda conoscitrice e instancabile utente di Instagram. Non so ancora quanto mi verrà a costare l'intervento del luminare. Comunque sia, lei è tra coloro che possono già utilizzare la nuova funzione, formalmente ancora in fase di sperimentazione. Dato che siamo sotto la vigenza del GDPR, trovo strano rischiare una mega sanzione solo per testare una feature o per vedere l'effetto che fa. Comunque sia, anche in questo caso è evidente il più totale disprezzo per la riservatezza degli utenti.
Fino a ieri, chi ha messo un like su Instagram, lo ha fatto sapendo che sarebbe stato visibile a tutti coloro che visualizzeranno lo stesso reel. In pratica, a persone accomunate da un comune interesse, alle quali IG propone reel simili. Diciamo che ogni utente si aspetta di essere visibile all'interno della propria bolla, ritenendo occasionale e improbabile catturare l'attenzione di altre persone persone con interessi differenti dai propri.
Immaginiamo un ultrà, soprannominato affettuosamente dagli amici Acab (con riferimento al pescatore di balene), un fanatico, di quelli che non vivono che per la propria passione, per il quale il gesto atletico conta meno dei cori o degli striscioni, che trascorre le ore tra una partita e l'altra ascoltando radio monotematice, animato dall'ardore e dall'odio per i colori opposti, profondo estimatore delle forze dell'ordine: la sua bolla sarà costellata da altre persone come lui, vedrà reel relativi al suo sport, cori, gesta eroiche, vittorie esaltanti ecc. Aprendo questi reel Acab vedrà i like messi da persone della sua bolla. Magari potrà capitare di vedere like di tifoserie avversarie e ricostruirne la composizione ma questo farà piacere a tutti: è sempre una gioia potersi confrontare in modo costruttivo ed inclusivo nel piazzale davanti allo stadio, scambiandosi eruditi pareri e offrendo reciprocamente gesti simbolici e di affetto. Difficilmente vedrà altro che quello che gli interessa. Tutto normale, tutto tranquillo, tutti felici.
PS1: Si, ho anche amici tifosi e sono adorabili, nulla a che vedere con gli ultrà.
PS2: No, non ho inteso parlare male del calcio, c'è un Acab in ogni sport.
Da oggi, grazie a Zuck, Acab vedrà i like cliccati e accumulati nel tempo da tutti i suoi contatti, anche parenti o amici con i quali normalmente non interagisce, ma che ora gli verranno serviti su un piatto d'argento. Tra questi c'è Albin Mougeotte, il suo amministratore di condominio che Instagram propone come follower ad Acab vedendo il suo numero di telefono tra i contatti della rubrica.
Acab si accorgerà in un istante che Albin ha messo tanti like a una miriade di post che giudica deprecabili: tutto rosa glitter e paillettes, frufru di seta cotta, tafetà, svolazzi e jabot... Orrore!
Cosa potrebbe mai andare storto?
Beh, banalmente è tutto qui. Albin ha messo i suoi like contando sul fatto che sarebbero stati visti dalla sua bolla, non da un energumeno decerebrato omofobo e violento.
Volendo rendere più evidente il problema, ecco un simpatico esempio: ciò che Instagram ha fatto oggi con i like corrisponde, nel mondo reale, ad una schedatura porta a porta dei nomi scritti sui citofoni dei condomini di una grande città. Dati raccolti, ordinati e registrati aggiungendo indirizzo, numero civico, piano ed interno, pronti per essere elaborati secondo criteri arbitrari. Quelle etichette servono solo per citofonare al vicino di casa o all'amico che si va a trovare, nessuno si aspetta che siano utilizzate per trovare in un attimo tutti i cognomi ebraici, i cognomi arabi, ecc. Beh, qualcuno lo ha immaginato. Qualcuno, senza comprenderne le implicazioni, lo ha addirittura fatto. Infondo ai suoi occhi, come agli occhi di Zuk o di Elon, sono tutte informazioni pubbliche! Perché non dovrebbero usarle liberamente?
Ecco i nostri campioni della privacy, probabilmente, hanno lo stesso tipo di approccio di Acab... la stessa matrice, diciamo.
Volendo ricondurre il discorso alla protezione dei dati personali, non posso che contestare questa scelta. Instagram ha deciso di mettere a disposizione di tutti un potentissimo strumento di profilazione, per di più già operativo e basato sui dati che gli utenti hanno generato nel tempo, senza sapere che, un giorno, sarebbero stati usati in questo modo. Una palese violazione degli obblighi di trasparenza (nell'informativa non c'era), senza una base di legittimazione (non ha chiesto il consenso a nessuno), in aperta violazione del principio di limitazione delle finalità e, soprattutto, violando il sacrosanto principio privacy by design.
Forse, dopo aver letto questo articolo, qualcuno chiamerà il proprio amministratore di condominio, Albin, per chiedere di cambiare la targhetta del citofono e mettere solo le iniziali o un numero... temo che per rimuovere i like accumulati negli anni su Instagram non esistano strumenti fai da te, però si può provare a chiedere a Zuck.
Cuora responsabilmente.
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