La Polizia si incazza!
La polizia s'incazza
(cit Andrea Pergolari)
Non passa giorno senza un nuovo guaio in salsa Privacy.
Oggi è il turno di un agente di polizia che, parlando con una manifestante, si è lasciato andare a commenti incongrui sul capo dello stato. Il resto è cronaca.
Anche in questo caso la Privacy c’entra, eccome
Tutti noi pensiamo e ci esprimiamo in modo differente a seconda del contesto. Tutti noi siamo costantemente condizionati da fattori esterni o interni che orientano i nostri comportamenti. Chi si comporta in modo inappropriato, a seconda del contesto, viene percepito come fuori luogo, o troppo sguaiato oppure troppo impettito.
Non si va ad un matrimonio troppo sbracati e non si può stare in giacca e cravatta giocando a briscola all’osteria.
Nello stesso modo, ciò che diciamo viene sempre filtrato, tradotto, spesso censurato da noi stessi in modo da non essere inappropriato al contesto di riferimento.
Il contesto è il grande assente di questa vicenda.
Il poliziotto era in un contesto lavorative, in uniforme, con un ruolo e una missione da compiere. Questa, tuttavia, non contempla certamente pubbliche esternazioni, non era su un palco, non doveva pontificare sui massimi sistemi e, di sicuro, non era sotto interrogatorio rispetto a idee, pensieri ed opinioni personali o su malcelate ideologie politiche e preferenze di partito.
Il poliziotto, come avrebbe fatto chiunque, convinto di parlare alla manifestante, ha dato fiato ad idee fuori contesto, in libertà, senza filtro.
Qual è il contesto mancante? Qual è l’informazione fondamentale che è mancata al poliziotto e che, se fosse stata anche solo vagamente immaginata, avrebbe condizionato il suo comportamento in modo radicale?
Semplice: il fatto che questo suo comportamento sarebbe stato ripreso e condiviso 1-10-100-1.000-10.000-100.000-1.000.000 di volte.
La differenza è tutta lì, sarebbe cambiato tutto se solo avesse immaginato la possibile condivisione del suo pensiero al di fuori della ristretta cerchia da lui percepita: l’interlocutore a cui si è rivolto e dei pochi colleghi accanto a lui, gli stessi con i quali chiacchiera nei lunghi momenti di attesa e con i quali condivide abitualmente pensieri e riflessioni.
Ora che siamo più bravi di prima ad immedesimarci nel poliziotto, proviamo ad immaginare cosa può aver pensato del collega che ha ripreso e inviato il filmato a LocalTeam:
“Questo bastardo, guarda che casino, ma chi cazzo gli ha detto di mandare in giro il video, maledetto infame!” L’immaginazione va un po dove vuole lei, tanto non c’è nulla di reale… vero?
Stando più vicini alla realtà, i pensieri del poliziotto non sarebbero certamente cambiati ma il suo comportamento si.
Avrebbe pensato le stesse cose? Certamente si.
Avrebbe detto le stesse cose? Certamente no.
In questa vicenda torna prepotente il tema privacy e torna in termini tecnici, precisi e previsti dal GDPR.
Un collega che inquadra, filma e salva il video di un (ex) amico regole, può farlo senza troppe regole, non richiede formalità, non ci sono moduli, banner, informative, consensi. C’è solo un implicita e tacita complicità, la condivisione di un momento e quello che si chiama “comportamento personale”, escluso dal campo di applicazione del gdpr.
Appena il video viene dato in pasto ad un social, una chat o un gruppo, ad un istigatore alla condivisione sgarzullina come Local Team, la situazione cambia, il GDPR torna in scena e torna più incazzato che mai.
Il GDPR non si applica al trattamento di dati personali effettuato da un privato nell'ambito di attività a carattere esclusivamente personale o domestico, senza una connessione con un'attività commerciale o professionale, MA quando l’attività personale implica la DIFFUSIONE, cambia tutto e il GDPR torna applicabile, trasformando in un Titolare del trattamento la persona che ha deciso di sparare nell’etere e nel cyberspazio i dati personali di un malcapitato poliziotto. La soglia oltre la quale non può applicarsi l'esenzione per fini personali è proprio la diffusione di dati altrui.
Per carità, nessuno chiederà mail all’ (ex) collega di mostrare adempimenti moduli e registri, ma porca vacca… uno straccio di informativa, una parola, un cenno per intendersi sulle finalità di quella raccolta video diventa necessaria sia per buona creanza, sia per buon senso, sia, infine, per il rispetto della legge.
Esaurito il tema privacy, mi permetto una considerazione strettamente legata al “contesto”.
Tutte le volte che vedo un presidio delle forze dell’ordine non posso fare a meno di pensare quanto sia tediosa e frustrante l’attesa. Spesso, il lavoro consiste nella mera presenza, nel presidio di una pizza, di un luogo sensibile, persino di una buca in mezzo alla strada. Forse anche per questo il compito è considerato gravoso e i funzionari impiegati sono in numero evidentemente abbondante rispetto alle necessità percepite. Mi sono sempre domandato di cosa parlino gli agenti tra di loro, sempre molto impegnati, a volte accigliati, mai sguaiati ma mai silenziosi.
Alla luce di questa vicenda, vendendo lo sdegno che il video ha causato nella popolazione e anche all’interno dei ranghi militari, meravigliato del vigore e della velocità con cui i vertici hanno annunciato trasferimenti, sanzioni, indagini e severe punizioni, ho finalmente capito di cosa parlano i militari in attesa: contemplano, onorano e rendono ossequio al Presidente Mattarella.
;-)
Prosit