La paura: antico terrore o preziosa alleata?
La paura ci serve. In natura, senza paura, dureremmo poche ore. La paura è alla base della sopravvivenza, dell'evoluzione, dello sviluppo di idee intelligenti. La paura ci regola e ci impedisce di prendere decisioni errate, ci spinge verso comportamenti razionali ed utili.
Quando la paura è mal gestita si trasfigura e ci si rivolta contro: si trasforma da preziosa alleata ad ostacolo o, peggio, in un pessimo consigliere che ci paralizza, che ci impedisce di ragionare, che blocca la nostra creatività, che mortifica l'iniziativa ed il coraggio. Non esistono due termini diversi per riferirsi a queste due facce della paura, tuttavia non possono essere confusi e sono da tutti riconosciuti in modo inequivocabile.
La provvida e naturale paura ci serve.
La paura totalizzante va temuta più del male che la sottende.
Oggi la paura è usata in ogni ambito come arma di persuasione: è diventata una leva per garantire il rispetto di norme di legge, è usata come deterrente per scoraggiare comportamenti illeciti, è addirittura uno strumento di marketing per vendere servizi o prodotti. In quest'ottica, basta rileggere in modo critico qualsiasi pubblicità, su qualunque media, per rendersi conto che il fattore paura è predominante: anche quando le parole suggeriscono serenità o propongono soluzioni, il messaggio, le immagini, le suggestioni e le allusioni sono sempre orientate per suscitare paura nello spettatore.
Visti i numeri, penso proprio che funzioni!
Temo che, se questo è vero, ci sia un equivoco di fondo che genera a cascata conseguenze, per me, inaccettabili. Mi dissocio dalla logica della paura.
Non riesco ad essere d'accordo con chi ha paura delle sanzioni e, per questo, decide di adottare un determinato comportamento. Non posso approvare chi genera paura della norma di legge (ad esempio del GDPR), non ha senso spaventare un'azienda sperando che diventi un cliente. Personalmente trovo tutto questo immorale e sbagliato.
Mi piace pensare di poter contare su una provvida paura che, con riferimento al GDPR e al dato personale, appare più simile a un rispetto consapevole, determinato dalla fiducia altrui. Mi sento orgoglioso di essere il depositario di dati personali altrui e solo questo mi spinge a trattarli nel miglior modo possibile. Sono felice di poter contare su norme evolute, mature, magari complesse ma decisamente gestibili, che mi indichino come fare per garantire l'adeguata protezione e la necessaria riservatezza dei dati che custodisco e che utilizzo.
Questo approccio, che spero sia sempre più condiviso, mi aiuta realmente, mi permette di utilizzare in modo positivo questa paura, di valorizzarla, di trarne il massimo per sviluppare soluzioni intelligenti, nuove, a volte coraggiose e, soprattutto, pensate specificamente per ogni singolo unico e particolare caso che mi si presenti.
Mi accorgo che questo approccio si riflette in modo molto profondo sulla consulenza e sul rapporto con le aziende che aiuto. Uso la paura per affrontare lucidamente ed entusiasticamente ogni progetto: dopo aver cercato di inquadrare correttamente il tema, dopo aver individuato gli obiettivi e le criticità, affronto il lavoro in modo sempre molto positivo e aperto. Si tratta solo di capire come fare, bene, ciò che permette di raggiungere lo scopo. Un po' come se non esistessero preclusioni a priori o vincoli insuperabili. La paura fa dire no. La provvida paura del dato mi suggerisce che c'è sicuramente una soluzione ideale che aspetta solo di essere intuita scoperta ed applicata.
CB